L’arcivescovo Stanislav Zvolenský, arcivescovo di Bratislava, è presidente della Conferenza Episcopale Slovacca. Nelle sue risposte al questionario per il libro “Cristo Speranza dell’Europa” ha messo in luce la necessità di una nuova evangelizzazione nel continente, partendo anche dalla sua esperienza di arcivescovo di un Paese ex comunista. Il suo contributo non è rientrato, per limiti editoriali, nel libro “Cristo Speranza dell’Europa”. Lo propongo integralmente qui.
Il tema dell’evangelizzazione è sempre stato centrale negli incontri dei vescovi europei, sin dagli inizi. Oggi, l’Europa ha bisogno di essere ri-evangelizzata, o ha bisogno di rafforzare la fede?
A nostro parere, sono necessari entrambi, cioè la ri-evangelizzazione e la catechesi (rafforzare la fede). La nuova evangelizzazione è stata un tema importante fin dai tempi di Giovanni Paolo II, ed anche da Paolo VI, che ha guidato l’applicazione del Concilio nella Chiesa. Non basta catechizzare le persone, ma bisogna dare loro la nuova evangelizzazione, cioè il primo annuncio (kerygma), come scrive papa Francesco nell’Evangelii gaudium. Questa nuova evangelizzazione deve essere indirizzata alle persone che sono ancora nella Chiesa; e poi possiamo formarle nella fede = catechizzarle, affinché diventano protagonisti della nuova evangelizzazione, orientata alle persone fuori della Chiesa.
Portatori della nuova evangelizzazione sono spesso nuovi movimenti con il loro entusiasmo, radicalismo evangelico; spesso usano metodi e forme tipiche per le chiese evangeliche o battiste, che spesso disturbano i cattolici tradizionali (evangelizzazione sulla strada, concerti di gospel…).
La nuova evangelizzazione deve concentrarsi nelle parrocchie, deve diventare parte integrante della pastorale ordinaria, forse anche con aiuto di queste nuove comunità e movimenti ecclesiali; occorre una “conversione pastorale” della parrocchia orientata ad una missione (fuori invece che dentro), come dice Papa Francesco.
Quali sono le difficoltà maggiori che incontra la sua comunità ecclesiale nel suo Paese? In che modo si sta lavorando per superare queste difficoltà?
Nel nostro paese, dopo la caduta del regime comunista nel 1989, molte persone, che avevano abbandonato la pratica religiosa durante gli anni 1948-1989, sono tornate alla Chiesa. C’erano tra di loro molti insegnanti o persone che lavoravano presso i servizi statali, che praticavano la fede clandestinamente.
Dopo 1989, la Chiesa Cattolica si è molto sviluppata: l´insegnamento della religione si è tornato nelle scuole; le scuole ecclesiali rinnovati, gli ordini ed istituti religiosi sono stati rinnovati;, ogni diocesi ha suo vescovo; abbiamo celebrato 5 riti di beatificazione dei martiri del comunismo (vescovi Pavel Gojdič, Vasiľ Hopko, sacerdoti Metod D. Trčka CSsR e don Titus Zeman SDB, Suora religiosa vergine Zdenka Schelingová); sono state costruite molte nuove chiese, specialmente nelle città; sono stati ricostruiti i seminari maggiori diocesani; c’è stata introdotta una riorganizzazione territoriale delle circoscrizioni ecclesiastiche e sono state create due nuove diocesi di rito latino e due nuove eparchie di rito bizantino-slavo; è stata istituita l’Università Cattolica; media cattoliche – Radio LUMEN a TV LUX funzionano bene; sono stati formati molti catechisti per l´insegnamento della religione; l’educazione teologica è stata aperta ai laici; sacerdoti e laici possono raggiungere gli studi superiori della teologia, ecc. Forse, ci siamo concentrati troppo sul rinnovamento materiale della Chiesa e abbiamo trascurato la formazione nella fede.
Ebbene, dopo 30 anni, l’entusiasmo è lentamente svanito; le influenze della secolarizzazione stanno crescendo, diffondendo nel nostro paese; il consumismo e il materialismo dell’Occidente sono venuti anche da noi. Le vocazioni sacerdotali e religiose sono in calo (un seminario maggiore diocesano è stato chiuso). Anche se abbiamo una catechesi sacramentale ben sviluppata – per i bambini e per i giovani per la Prima Comunione e la Cresima, non riusciamo del tutto a trasmettere la fede alla giovane generazione, che spesso è attratta dal mondo e va in Occidente per una visione di alto guadagno e la vita migliore.
Le influenze liberali stanno crescendo nella nostra società; ci sono stati tentativi di introdurre i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Abbiamo abbastanza alto il numero di divorzi e molte famiglie distrutte (molte di loro celebravano le nozze nella chiesa).
Per superare alcune di queste difficoltà, abbiamo concentrato sul livello nazionale, durante l’ultimi anni, la pastorale su tre categorie di persone: famiglia, giovani e bisognosi.
Per quanto riguarda, ad esempio, la stabilità dei matrimoni e della famiglia, è stato sviluppato un Corso di Preparazione al Matrimonio nell’ambito del Consiglio per la Famiglia della nostra Conferenza Episcopale, che è stato introdotto in tutte le diocesi.
Nelle diocesi sono stati istituiti Centri diocesani per la Famiglia che offrono vari programmi di formazione per i coniugi e le famiglie.
Si comincia sviluppare anche la pastorale dei divorziati risposati e di quanti vivono in situazioni matrimoniali irregolari o difficili. Si è stata introdotta la riforma del processo canonico per le cause di nullità Lavoro dei tribunali, e le cause di nullità del matrimonio.
Oltre questo, sono istituiti Centri diocesani per i giovani; già tra volte (2013, 2015, 2018) si è organizzato a livello nazionale l’Incontro della Gioventù; si promuove anche la pastorale delle vocazioni.
Nel settore della Caritas nazionale, si è lanciato il nuovo progetto di istituire le Caritas parrocchiali. Varie Opere della carità, p.e. per le persone senza tetti sono stati introdotti (De Paul Slovacchia).
Dopo cinquanta anni di CCEE, abbiamo una Europa che respira con due polmoni, quello orientale e quello occidentale. Quali sono le sfide del dialogo tra Oriente e Occidente? Cosa hanno dato le Chiese dell’Est Europa a quelle dell’Ovest e viceversa?
Dopo il 1989, le Chiese d’Ovest ci hanno aiutato (e ci aiutano ancora) molto a ricostruire le nostre strutture materiali. Molti sacerdoti hanno potuto fare degli studi di teologia e studi superiori in Occidente. Grazie a questo fatto, abbiamo potuto sviluppare la scienza teologica nel nostro paese e ristabilire le facoltà di teologia.
D’altra parte, le nostre Chiese dell’Est hanno dato alcune decine di sacerdoti per il servizio pastorale nell’Ovest, nelle diocesi, dove la carenza di sacerdoti è più acuta.
Pensiamo che le Chiese dell’Europa orientale e centrale abbiano dato alle Chiese dell’Europa occidentale un meraviglioso esempio di testimonianza e di martirio per la fede cristiana, durante il periodo di persecuzione sotto il comunismo.
Al riguardo del “scambio dei doni” spirituali, Slovacchia ha una situazione molto specifica. In Slovacchia è presente la Chiesa cattolica di rito latino (62%) e di rito bizantino-slavo (3,8%). Mentre il cristiano occidentale è più concentrato sulla razionalità e sulla carità, il cristiano orientale è più concentrato sulla bellezza della liturgia, sulla celebrazione liturgica e sul mistero. Lo vediamo come un arricchimento mutuale, spesso apprezzato dai nostri fedeli e sacerdoti nel livello parrocchiale come anche nazionale.
Si parla spesso di una persecuzione sottile dei cristiani in Europa, ci sono molti rapporti che la mettono in luce – penso a quelli dell’Osservatorio sulle Discriminazione e la Intolleranze contro i Cristiani in Europa. Nel suo Paese, quanto si sente forte questa persecuzione? Quali sono i maggiori problemi da affrontare?
Quando noi in Slovacchia abbiamo voluto fare l’Accordo sull’obiezione di coscienza nel 2006, i media liberali hanno lanciato un grande attacco. L’Accordo avrebbe dovuto proteggere, per esempio, i ginecologi che rifiutano di praticare un aborto, o, per esempio, i lavoratori dei negozi che rifiutano di datare falsamente le merci che sono scadute. A causa dell’opinione pubblica ostile (causata dai media liberali), questo l’Accordo non ha potuto essere concluso.
Un altro esempio della sottile persecuzione dei cristiani da parte dello stato: gli istituti di educazione della Chiesa ricevono circa il 12% mezzi finanziari in meno di tasse rispetto agli istituti scolastici statali.
Il problema che vediamo è che gli atteggiamenti anti-chiesa, che sono un’eredità del comunismo, sono spesso profondamente radicati nella mentalità delle persone e nella società. Infatti, molti ex-comunisti sono diventati i più grandi liberali in politica.
In che modo il dialogo ecumenico può contribuire (o ha contribuito) a formare una identità europea?
Ci sono vari settori, dove questo dialogo può contribuire a formare una identità europea: la promozione e la protezione della vita dalla nascita fino alla morte naturale, la promozione dei veri valori umani come il matrimonio, la famiglia, l’apertura alla vita, avere figli, la cura degli anziani, salvaguardia del creato; in questi ambiti la Chiesa cattolica può essere d’accordo, per esempio, con le Chiese evangeliche e ortodosse, e anche con la comunità religiosa ebraica.
In Slovacchia abbiamo avuto una buona esperienza in questo senso, quando abbiamo organizzato un grande evento nazionale pro-life – la Marcia per la Vita (Košice 2013, Bratislava 2015, Bratislava 2019), con la partecipazione di 80.000 persone. A quel tempo, abbiamo adottato diverse dichiarazioni congiunte con queste chiese e comunità ecclesiastiche su questo argomento (pro-life).
Quali sono oggi le priorità di evangelizzazione in Europa? E quali sono le priorità dell’evangelizzazione nel suo Paese?
Come abbiamo scritto sopra, le priorità di evangelizzazione nel nostro paese sono: i giovani, le famiglie e i bisognosi. Questi tre categorie di persone potrebbero essere prioritarie anche in Europa.
Come risulta del fatto che la trasmissione della fede nelle famiglie alle nuove generazioni, spesso, non funziona, i nostri giovani stanno lasciando la Chiesa. Per questo la famiglia è molto importante, perché senza figli non c’è futuro per la società neanche per la Chiesa (pastorale famigliare).
Recentemente, sembra che abbiamo visto in nostra società un aumento di gruppi di persone che hanno anche bisogno di essere evangelizzati ed affrontati, ma con una cura pastorale speciale (single, madri sole con figli, divorziati e risposati, nonni ed anziani, persone senza tetto, persone bisognosi, marginalizzati, Zingari). La cura pastorale ordinaria nelle nostre parrocchie spesso non riesce a raggiungere queste persone. Occorre creare piccoli gruppi o comunità per queste persone, collegati in qualche modo con le parrocchie.
Nella Ecclesia in Europa di Giovanni Paolo II, trovo centrale l’interrogativo del Vangelo di Luca: “Il figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” Cosa rispondete a questo interrogativo?
Noi in Slovacchia, avendo una esperienza del comunismo (1948-1989) e della persecuzione della fede, dei cattolici a della Chiesa, siamo sicuri, che si può mantenere la fede. I nostri martiri e testimoni della fede sono la nostra assicurazione che la fede può essere mantenuta. Forse una fede nascosta, silenziosa, senza trionfalismo, una fede nutrita e rafforza in piccoli gruppi o comunità di cristiani.
La pandemia ha mostrato, purtroppo, una tendenza a marginalizzare la fede, considerata meno essenziale di altri beni. Per mesi, le comunità sono state private della possibilità della Messa con il popolo. Come si può superare questa tendenza?
Anche in Slovacchia abbiamo visto la sospensione delle messe con il popolo per diversi mesi. Il governo ha fatto pressione sui vescovi per sospendere il culto.
La Chiesa greco-cattolica, per esempio, ha già avuto l’esperienza di essere messa al bando (1950-1969), e quindi ha percepito questa situazione molto dolorosamente.
Alcuni fedeli hanno anche criticato i vescovi che “abbiamo ceduto facilmente” alle pressioni del governo.
Forse in futuro sarebbe opportuno che il dialogo tra la Chiesa e le autorità statali sia più intenso e che le richieste della Chiesa siano promosse in politica, ad esempio attraverso il lobbying (come fanno ad esempio i vari settori secolari).
Secondo il nostro parere, questa marginazione della fede nel nostro paese sia segnata anche dall’eredità del comunismo.
La marginalizzazione della fede nei dibattiti pubblici avviene anche su temi fondamentali, come i temi della vita. Quali sono le sfide che deve affrontare nella sua nazione? E come sono cambiate queste sfide nel corso degli anni?
Sebbene la Slovacchia sia tradizionalmente un paese cattolico, ci sono stati anche tentativi in Parlamento di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Le suddette Marce per la Vita sono state un buon strumento civile per mostrare che i valori tradizionali come il matrimonio tra un uomo e una donna e la famiglia sono ancora ben riconosciuti nella società.
Purtroppo non riusciamo a limitare la legge sull’aborto. Ci sono stati tentativi in Parlamento da parte dei politici cristiani, ma senza successo. Molti politici, anche se si dichiarano cristiani, non finiscono per dimostrare una posizione cristiana su questi temi.
È stato anche possibile ottenere una restrizione degli orari di apertura dei negozi nei giorni festivi. Purtroppo, non abbiamo raggiunto il divieto delle vendite alla domenica.
In un recente dibattito sull’Osservatore Romano, è stato notato come la secolarizzazione abbia prodotto una società non cristiana. Ma alcuni osservatori notano che il problema non è nelle Chiese vuote di oggi, bensì nelle Chiese piene degli anni Settanta, nel periodo della fede militante che però ha mancato di una costruzione solida. Quale è la sua analisi del problema?
Nostra esperienza dei paesi post-comunistici e un po´altra dei paesi occidentali. Sembra che in alcune chiese occidentali, i laici abbiano una voce troppo forte. D’altra parte, c’è forse troppo “clericalismo” nelle nostre chiese particolari, la quale abbiamo ereditato dalla prima metà del 20° secolo (trionfalismo della Chiesa), dal tempo prima del Concilio. Il ruolo dei laici e il loro servizio, non è da noi, nelle diocesi e parrocchie ancora abbastanza valutato. Il processo sinodale, proposto da papa Franceso, ci può aiutare in questo settore. Allo stesso tempo, occorre sviluppare anche la formazione adeguata dei sacerdoti (compresa la formazione permanente).
In molti settori ecclesiali, dopo il 1989, abbiamo ripreso lì dove ci siamo fermati nel 1948 (p.e. la formazione tradizionale dei futuri sacerdoti).
Dobbiamo cominciare dal basso, dal nucleo della Chiesa: dalla famiglia e dalla parrocchia. Abbiamo bisogno del rinnovamento delle parrocchie – dove ognuno può trovare il suo posto, il suo ministero, il suo carisma, suo servizio; occorre creare di piccole comunità dove si vive la fede; proprio tali comunità e tali piccoli gruppi hanno dimostrato il loro valore durante il comunismo.
Dobbiamo chiederci, se, per esempio, il modello del cristianesimo domenicale: feste trasferite alla domenica, la partecipazione alla messa solo a domenica, poi il caffè parrocchiale, confessionali vuoti – se questo modello, vissuto in alcune chiese particolari in Occidente, e il modello proprio anche per la vita delle nostre chiese particolari nell’Est.