L’arcivescovo Stanislav Zore di Lubiana è presidente della Conferenza Episcopale Slovena dal 2017. Nel suo contributo, sottolinea come la Chiesa debba affrontare le spinte secolarizzatrici e ricorda che in Europa ogni forma di collaborazione delle Chiese può portare solo frutti significativi.
Il tema dell’evangelizzazione è sempre stato centrale negli incontri dei vescovi europei, sin dagli inizi. Oggi, l’Europa ha bisogno di essere ri-evangelizzata, o ha bisogno di rafforzare la fede?
Gli abitanti dell’Europa moderna devono riscoprire le proprie radici cristiane, dalle quali il continente è cresciuto e si formato negli ultimi 2000 anni, assumendo la forma ed i contenuti che li conosciamo oggi. Essi rappresentano – sotto forma di feste, celebrazioni, usi e costumi, tradizioni, linguaggio e modo di pensare – quello che oggi possiamo definire la vera identità dell’Europa. Il rafforzamento della fede per questo motivo deve andare di pari passo con la nuova evangelizzazione, assumendo un linguaggio nuovo, per parlare della propria storia.
Quali sono le difficoltà maggiori che incontra la sua comunità ecclesiale nel suo Paese? In che modo si sta lavorando per superare queste difficoltà?
La società in Slovenia, dopo 30 anni dalla sua indipendenza della Jugoslavia, ha iniziato a trattare la fede come una questione normale e come parte integrante della vita quotidiana. Ci sono ancora numerose questioni aperte nei rapporti tra lo Stato e la Chiesa Cattolica in Slovenia, tuttavia si sta notando un miglioramento dei rapporti. Come nella maggior parte del mondo occidentale, riscontriamo anche in Slovenia un calo delle vocazioni, della pratica sacramentale dei fedeli e l’invecchiamento della popolazione che sta portando a diverse sfide demografiche. La Chiesa in Slovenia è comunque molto attiva nei campi della Caritas che con i suoi oltre 11.000 volontari sparsi su tutto il territorio, rappresenta un segno concreto dell’amore evangelico. Ci sono molti giovani che decidono di collaborare nella vita della parrocchia come anche numerose iniziative dedicate ai fedeli per farli riscoprire e vivere la fede in modo autentico.
Dopo cinquanta anni di CCEE, abbiamo una Europa che respira con due polmoni, quello orientale e quello occidentale. Quali sono le sfide del dialogo tra Oriente e Occidente? Cosa hanno dato le Chiese dell’Est Europa a quelle dell’Ovest e viceversa?
La Slovenia è per la propria localizzazione geologica un ponte naturale tra Est ed Ovest, Nord e Sud Europa, l’unico Paese a confinare con tutti i quattro gruppi linguistici: slavo, neolatino, germanico e ugrofinnico. Nel corso della propria storia la Chiesa in Slovenia ha affrontato numerose sfide e perciò ha maturato un’abilità nel dialogo e confronto con le altre realtà. La Chiesa dell’Est Europa ha subito un lungo periodo di oppressione durante le dittature comuniste, sviluppando a suo modo una fede personale più profonda che forse manca all’Occidente, più libero e materialmente più sviluppato. L’Occidente, invece, può dare ai fedeli dell’Est gli strumenti per vivere una Fede più consapevole e con maggiore autostima.
Si parla spesso di una persecuzione sottile dei cristiani in Europa, ci sono molti rapporti che la mettono in luce – penso a quelli dell’Osservatorio sulle Discriminazione e le Intolleranze contro i Cristiani in Europa. Nel suo Paese, quanto si sente forte questa persecuzione? Quali sono i maggiori problemi da affrontare?
La Conferenza Episcopale Slovena segue regolarmente e registra i casi di persecuzione o vandalismo contro i cristiani e/o gli edifici di culto. Nel 2020 si sono registrati 62 casi di crimini contro gli edifici dei conventi, delle parrocchie o delle chiese (rapine, furti, estorsioni al personale, vandalismo) e nove casi di intolleranza ed odio verso i fedeli (incitamento all’odio, discriminazione in base all’appartenenza religiosa). Nel decennio 2010-2020 in Slovenia si sono verificati 2.764 casi di persecuzione, incitamento all’odio, vandalismo o altre forme di discriminazione verso i fedeli e/o gli edifici della Chiesa Cattolica. Si tratta dunque di casi che vanno denunciati e che bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica affinché condanni ogni forma di violenza.
In che modo il dialogo ecumenico può contribuire (o ha contribuito) a formare una identità europea?
Il dialogo tra i cristiani in Slovenia è vissuto come una realtà fruttuosa e di grande successo. Infatti, spesso i rappresentanti delle Chiese rilasciano dichiarazioni comuni su temi di grande rilievo pubblico come la chiusura domenicale dei negozi oppure la tutela della famiglia. In Europa ogni forma di collaborazione tra Chiese può portare solo frutti positivi, poiché ai cittadini si dà un segno tangibile di unità, pur sempre rispettando le diverse realtà. Si tratta di un cammino comune che le Chiese del continente europeo devono affrontare con coraggio e mostrare sia ai fedeli che ai cittadini l’importanza del dialogo e della mutua collaborazione.
Quali sono oggi le priorità di evangelizzazione in Europa? E quali sono le priorità dell’evangelizzazione nel suo Paese?
L’evangelizzazione oggi deve rispondere alle domande dell’uomo moderno che è in cerca della spiritualità ma refrattario ad una fede istituzionale e gerarchica. Il messaggio evangelico deve confrontarsi con una forte spinta secolarizzatrice che tende ad espellere il sacro dalla vita pubblica e rilegarlo nella sfera privata. L’Europa è cresciuta e si è sviluppata con e grazie alla Fede cristiana per cui oggi si deve cercare di reintegrarla nella vita quotidiana come qualcosa di naturale e come parte integrante della vita. Evangelizzare significa testimoniare, parlare con i fatti di una Fede che porta la salvezza.
Nella Ecclesia In Europa di Giovanni Paolo II, trovo centrale l’interrogativo del Vangelo di Luca: “Il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” Cosa rispondete a questo interrogativo?
Il Presidente del CCEE Sua Eminenza il Card. Bagnasco ha ribadito in diverse occasioni nei propri interventi il ruolo di un nuovo umanesimo ed il futuro della Fede nella società moderna. Infatti, il Card. Bagnasco in un discorso pronunciato in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico regionale ligure nel 2019 ha espresso che la Chiesa, innanzitutto i vescovi del continente europeo, crede fermamente nell’Europa, nella sua cultura cristiana, nella sua spinta umanistica, nonostante ombre e ritardi che la storia registra. La Chiesa crede nell’Europa, sul filo anche di ormai molti interventi dei pontefici, da Paolo VI a san Giovanni Paolo II, da papa Benedetto all’attuale papa Francesco – crede nel suo futuro e nella sua missione, che non è di tipo economico ma primariamente di ordine spirituale ed etico. Siamo noi cristiani, dunque, chiamati a mantenere viva la Fede, affinché il Signore possa trovarla nella sua seconda venuta. La domanda posta nel Vangelo di Luca è allo stesso tempo un incoraggiamento ed una missione posta ai fedeli, di proseguire sulla strada dell’annuncio del Vangelo.
La pandemia ha mostrato, purtroppo, una tendenza a marginalizzare la fede, considerata meno essenziale di altri beni, Per mesi, le comunità sono state private della possibilità della Messa con il popolo. Come si può superare questa tendenza?
I pastori della Chiesa sono chiamati a riportare nel gregge del popolo fedele anche quei membri che si sono allontanati per vari motivi: la pandemia, una mancanza di speranza, esperienze passate negative… Il messaggio di speranza deve essere sorretto da una vita di Fede testimoniata con gesti concreti, semplici ma allo stesso tempo di grande impatto.
La marginalizzazione della fede nei dibattiti pubblici avviene anche su temi fondamentali, come i temi della vita. Quali sono le sfide che deve affrontare nella sua nazione? E come sono cambiate queste sfide nel corso degli anni?
La Chiesa in Slovenia negli ultimi dieci anni si è vista in prima linea nella difesa della vita umana, del matrimonio tra un uomo ed una donna e contro l’utero in affitto, promuovendo il proprio messaggio tramite campagne mediatiche, dichiarazioni dei Vescovi ed organizzazioni di fedeli laici. Si tratta di sfide della società contemporanea che tendono a ridurre il ruolo della famiglia ed a destabilizzare le persone, portandole in situazioni di sconforto e stress.
In un recente dibattito sull’Osservatore Romano, è stato notato come la secolarizzazione abbia prodotto una società non cristiana. Ma alcuni osservatori notano che il problema non è nelle Chiese vuote di oggi, bensì nelle Chiese piene degli anni Settanta, nel periodo della fede militante che però ha mancato di una costruzione solida. Quale è la sua analisi del problema?
L’entusiasmo pastorale e spirituale che seguiva il Concilio Vaticano Secondo ha suscitato in molti un’adesione forte e palese alla vita della Chiesa, mancando, forse, di un adeguato approfondimento teologico e pastorale. Il periodo post-conciliare era collegato anche con la ricostruzione post-bellica che in molti Paesi, soprattutto del ex blocco orientale in Europa, è iniziata con un certo ritardo. L’entusiasmo di quel periodo ha dovuto affrontare poi un’esperienza di una considerevole crescita economica e di benessere che in qualche modo ha portato i cattolici ad abbracciare i beni materiali, dimenticando la vita spirituale.